10 Fotoreporter che hanno fatto la storia del fotogiornalismo
Douglas Four Over Manhattan New York, USA, 1939 Margaret Bourke-White/The LIFE Picture Collection/Shutterstock

10 Fotoreporter che hanno fatto la storia del fotogiornalismo

di Elena Bordignon

Il miliziano morente di Robert Capa, le strade di Siviglia immortalate da Henri Cartier-Bresson negli anni ’50, le toccanti immagini di Dorothea Lange degli Stati Uniti durante gli anni della Depressione o la foto “Napalm Girl” scattata da Nick Ut durante la guerra in Vietnam

Gli scatti che hanno fatto la storia del fotogiornalismo sono tantissimi. Molte immagini non solo hanno avuto un ruolo importante nella creazione stessa della storia contemporanea, ma hanno lasciato un forte impatto sugli animi delle persone.  Abbiamo selezionato alcuni tra i più audaci e, al tempo stesso, sensibili fotoreporter.

Robert Capa

Considerato il più famoso tra i fotoreporter di sempre, Robert Capa (1913 – 1954) ha seguito alcuni tra i più importanti eventi bellici del secolo scorso. Tra questi la guerra civile spagnola, la seconda guerra sino-giapponese, la seconda guerra mondiale, la guerra arabo-israeliana del 1948 e la prima guerra di Indocina. Espressione di una rara sensibilità, le sue immagini sono state definite “al confine tra la vita e la morte”. Tra le sue tante esperienze eroiche, anche la sua scomparsa non lo fu da meno: è morto tenendo la macchina fotografica in mano e scattando foto durante la prima guerra d’Indocina nel 1954.

Henri Cartier-Bresson 

Negli anni ’30 Cartier-Bresson (1908 – 2004) ha iniziato a lavorare come fotoreporter per riviste come Life e Vu . Era noto per la sua straordinaria capacità di catturare momenti cruciali – quegli istanti transitori che trasmettono l’essenza di una scena – così come per la sua abilità con una fotocamera Leica compatta e leggera che gli permetteva di scattare velocemente e silenziosamente. Membro fondatore di Magnum Photos, Cartier-Bresson viaggiò molto durante la sua vita, catturando eventi importanti come la liberazione di Parigi nel 1944, la guerra civile spagnola e la morte del Mahatma Gandhi quattro anni dopo. Maestro del bianco e nero, utilizzava luci e ombre per produrre fotografie potenti e ricche di sfumature.

Dorothea Lange 

La sua fama è dovuta alla lunga e dettagliata indagine compiuta durante la Grande Depressione negli Stati Uniti. Dopo la formazione in alcuni studi di New York City, Dorothea Lange (1895 – 1965) nel 1918 si trasferisce a San Francisco dove fonda un suo studio di fotografia. Con la Grande Depressione, Lange iniziò a viaggiare, concentrandosi sulle persone senza casa e senza lavoro. Nel 1941 ricevette dal Guggenheim una borsa di studio e continuò a documentare la vita dei cittadini nippo-americani dopo Pearl Harbor. Le immagini e la rappresentazione dell’epoca di Lange hanno avuto un impatto duraturo sullo sviluppo della fotografia documentaria.

Margaret Bourke-White

Margaret Bourke-White (1904 – 1971) è stata una delle prime fotoreporter donna a diventare famosa. Nata a New York, sua città di formazione, dopo anni di praticantato, nel 1927 ha fondato uno studio fotografico a Cleveland. La sua fotografia industriale attirò l’interesse dell’editore di Fortune Henry Luce, che la reclutò nel 1929 e la mandò in Unione Sovietica l’anno successivo, prima fotografa straniera a coprire l’industria sovietica. Nel 1936 diventa fotografa per la rivista Life, da poco lanciata. E’ stata la prima fotografa occidentale a essere presente durante l’invasione tedesca di Mosca nel 1941, ad unirsi al personale dell’Air Corps sui voli di bombardamento nel 1942 e a viaggiare attraverso la Germania con l’esercito. Attualmente le sue fotografie sono esposte da CAMERA a Torino nella mostra Margaret Bourke-White. L’opera 1930-1960 (fino al 6 ottobre 2024). 

Nick Ut

Huỳnh Công Út, noto anche come Nick Ut (1951), è un fotoreporter vietnamita-americano. Ha lavorato per l’Associated Press, a Los Angeles, quando aveva solo 16 anni. Ha vinto numerosi premi tra cui il Premio Pulitzer per la fotografia Spot News nel 1973 e il World Press Photo of the Year nel 1973. Il suo lavoro più conosciuto è relativo alla lunga e sanguinosa guerra del Vietnam. In particolare è nota la fotografia scattata l’8 giugno 1972 a Phan Thị Kim Phúc: una bambina di nove anni completamente nuda e gravemente ustionata, in fuga, con suoi fratelli. 

Steve McCurry

Nato nel 1950 a Filadelfia, Steve McCurry è un rinomato fotoreporter celebre per le sue accattivanti fotografie di viaggio e culturali. Il suo profondo apprezzamento per le diverse culture e la capacità di connettersi con le persone a un livello profondo, hanno plasmato il suo straordinario corpus di lavori. La sua fotografia è una testimonianza della sua incrollabile curiosità e rispetto per le culture di tutto il mondo. Tra le opere più famose e di grande impatto c’è l’iconica fotografia conosciuta come “Afghan Girl”, un’ immagine sorprendente che presenta lo sguardo penetrante di una giovane rifugiata afghana di nome Sharbat Gula. Durante la guerra sovietico-afghana ha catturato l’attenzione e il cuore di milioni di persone in tutto il mondo, puntando i riflettori sulla difficile situazione dei rifugiati afghani. Il suo portfolio è ricco di immagini potenti che trascendono i confini e toccano il nucleo della nostra comune umanità.

James Nachtwey

James Nachtwey, nato nel 1948 a Syracuse, New York, è uno dei fotoreporter più influenti e famosi del nostro tempo. Il suo profondo impegno nel catturare le storie non raccontate dei conflitti e delle sofferenze umane ha plasmato la sua straordinaria carriera. Nachtwey si è votato al fotogiornalismo negli anni ’80 e da allora il suo impegno lo ha portato in prima linea in alcuni dei conflitti più devastanti. Il suo lavoro si caratterizza per un’incrollabile dedizione nel documentare la dura realtà delle zone di conflitto e delle crisi umanitarie, rivelando il costo umano della guerra, catturando il dolore, la resilienza e la dignità degli individui. Al di là dei suoi successi fotografici, Nachtwey ha dato un contributo significativo all’etica e alla difesa del fotogiornalismo.

Sebastião Salgado

Sebastião Salgado (1944) è un fotografo magistrale che ha dedicato la sua vita a catturare l’essenza dell’umanità e del mondo in cui viviamo. La sua carriera abbraccia diversi decenni, durante i quali ha fatto viaggi memorabili documentando le diverse sfaccettature dell’esistenza umana e lo stato del nostro pianeta. La sua fotografia fonde approcci documentaristici ambientali e sociali, rivelando le intricate connessioni tra le persone, la natura e l’ecosistema. Il suo lavoro esplora spesso questioni come lo sfollamento, la povertà, il lavoro e l’impatto delle attività umane sull’ambiente. Al di là del suo ruolo di fotografo, Salgado è diventato un potente sostenitore della conservazione e della giustizia sociale. I suoi scatti sono accomunati dalla capacità di esprimere la profonda bellezza dei paesaggi incontaminati e la resilienza dei lavoratori e sottolineano l’urgente necessità di proteggere le nostre risorse naturali e dare potere alle comunità emarginate.

Don McCullin

Don McCullin è nato nel 1935 a Finsbury Park, a Londra, ed è oggi riconosciuto come uno dei più grandi fotografi del mondo.  La sua carriera inizia proprio a Londra, dove si interessa delle condizioni di vita nelle zone più degradate della metropoli. Tra il 1966 e il 1984, McCullin ha lavorato principalmente per The Sunday Times Magazine, all’epoca all’avanguardia nel giornalismo critico e d’inchiesta. Tra le varie missioni di McCullin di questo periodo ci sono la guerra in Biafra, il Congo Belga, i cosiddetti troubles in Irlanda del Nord, il Bangladesh e la guerra civile del Libano. Tuttavia, le sue fotografie più apprezzate sono quelle che mettono in luce i terribili costi umani delle guerre in Vietnam e in Cambogia, da lui ampiamente documentate. 

Kevin Carter

Nato a Johannesburg nel 1960, Kevin Carter è un famoso fotoreporter il cui lavoro ha catturato la dura realtà dei conflitti e della sofferenza umana. La sua carriera è stata segnata da un profondo impegno nel far luce sulle storie non raccontate di coloro che vivono in regioni devastate dalla guerra e in aree colpite dalla carestia. La fotografia di Carter lo ha portato in alcuni degli angoli più pericolosi e disperati del globo. Una delle fotografie più famose di Carter, “L’avvoltoio e la bambina” cattura un momento straziante durante la carestia sudanese nel 1993. L’immagine raffigura una bambina emaciata accovacciata a terra mentre un avvoltoio lì vicino sta apparentemente aspettando la sua morte. Questo scatto suscitò molte polemiche sul suo ruolo di fotoreporter e le responsabilità etiche in una tale situazione.